Test Ride Husqvarna Vitpilen 401: eterna incompresa?
Dopo averla provata per tre giorni in tutte le condizioni, una mini recensione di una moto che si è appena rinnovata esteticamente e nei contenuti.

Il tagliando annuale e cambio gomme della mia KTM SMT 890, presso la Concessionaria KTM Husqvarna Moto Service di San Severo, sono diventati occasione per testare a fondo un modello appena rinnovato nella gamma Husqvarna, la nuova Vitpilen 401.
Presentate molte anni fa ed Eicma come protitpi, e divenute realtà nel 2018, le sorelle Vitpilen e Svartpilen si sono subito distinte per una linea fuori dai classici canoni estetici. Sia le piccole 401, sia le più grandi 701, hanno fatto discutere e storcere il naso a molti puristi. Entrambe le cilindrate erano spinte da un solo cilindro, ma se la 401 è durata nel tempo, la 701 è scomparsa dai listini dopo circa tre anni, lasciando il grosso monocilindrico austriaco patrimonio unico dei modelli SMC ed enduro 690.
Le 401 invece, rimaste a listino, sono diventate un modello di nicchia, facendo pochi numeri ma con una fetta di appassionati che ha apprezzato nel tempo anche i vari affinamenti dei vari upgrade, che negli anni hanno visto arrivare in dotazione sospensioni regolabili e Quick Shifter con Blipper incluso. Il 701 invece è divenuto un instant classic con quotazioni dell’usato piuttosto esotiche.




2024: Husqvarna non lascia, ma raddoppia, o quasi!
L’aggiornamento del Duke 390, che ha visto esordire un nuovo telaio, sospensioni e propulsore maggiorato nella cilindrata, ha giocoforza spinto KTM a dover prendere una decisione sulle gemelle svedesi. Nonostante i numeri di nicchia, è stato deciso di rinnovare anche le due frecce, presentando le nuove 401 e sfiorando il raddoppio completo portando in gamma anche una sorella maggiore. Ma in questo caso il modello è unico: Svartpilen 801.
La freccia bianca, la Vitpilen 401, oggetto di questo test ride, ha perso i semi manubri in favore di un comodo manubrio largo, che già nel modello precedente fece una comparsa come accessorio powerparts per allargare la platea di papabili acquirenti.
Le due 401 sono cambiate, molto. La linea è forse meno radicale delle precedenti, natualmente creando il malcontento di quella immortale classe di nostalgici di tutto (persino di modelli di nicchia come questo), delusi anche dalla perdita dei semi manubri sulla Vit. Il telaio è lo stesso della nuova Duke, con il mono posteriore a vista sul lato destro, quadro strumenti TFT di nuova generazione, sospensioni regolabili ma con soli 5 click. Freni classici Bybre, specchietti rivisti, portartarga alto di serie che va a sostituire il leccaruota della precedente generazione. L’interasse si è allungato, e se stilisticamente il primo modello appariva corto e alto, questo appare lungo e basso. I dettagli sono curati, i blocchetti sono tutti nuovi e simili a quelli delle nuove Duke 390 e 990, forse solo il portatarga plasticoso stona con questa percezione di cura.




Come va su strada
Il motore, passato da 373 cc a 399, rimane molto simile come erogazione e spinta. L’euro 5 plus ha forse mascherato questo aumento lieve di cilindrata. Rimane un classico difetto di questo propulsore, gli spegnimenti a freddo, ma l’amico Antonio di Moto Service mi rassicurava su nuovi aggiornamenti che stanno risolvendo questo problema riscontrato nel mio test. Il cambio elettronico è notevolmente migliorato, sopratutto nel salire di marcia, con una corsa alla leva corta e contrastata il giusto. Frizione morbida, antisaltellamento. Frenata efficace, che ben si sposa a sospensioni comode ma piuttosto sostenute, che amano anche una guida piuttosto allegra. Complice il peso ridottissimo, la Vitpilen è un giocattolo spassoso con cui ci si sente di potersi spingere al limite senza mai superare le capacità di telaio, freni e sospensioni. La moto più lunga si traduce in una guida più stabile che non toglie alcuna dote di agilità. A quella ci pensa il peso piuma e questo manubrio largo che si, magari avrà infranto i sogni di qualche nostalgico del primo modello, ma su strada consente di divertirsi tanto e affaticare poco i polsi.




Città, curve, autostrada
Una moto con queste quote ciclistiche, e con questo tipo di sella, è a mio parere una moto monoposto. Non fraintendetemi, spazio per una zavorrina c’è, ma forse l’unica moto con propulsore 390 che potesse ospitare degnamente un passeggero era ed è la Adventure KTM. E se parliamo di singolo rider, anche qui andrebbe fatto un distinguo in base a peso e altezza. Per uno come me, 173 per 69 kg, questa motina è perfetta e si rivela giusta e a misura. Per chi supera i 180 cm o i 100 kg di peso, forse meglio rivolgersi altrove per evitare l’effetto triciclo.
I pesi importanti poi si riflettono anche sulle prestazioni. Il motore è vispo e diverte, ma non può certo fare miracoli in due. Nel misto stretto si è dimostrata molto divertente, stabile, equilibrata in tutto, come se anch’essa avesse beneficiato di quella cura che ha portato il 990 a distinguersi tanto dalla serie 790/890. Soffre poco le salite, in piega è sicura e ci trasmette subito un bel feeling, il cambio lavora benissimo e ci assiste nel ritmo incessanti di curve, quelle su cui riusciamo a testare queste moto grazie alla disponibilità di Moto Service.
Avendola avuta a disposizione più giorni, ci sono andato al lavoro e in città si è dimostrata comoda e agilissima. Il cambio elettronico lavora bene anche ai bassi giri, la frizione come detto è morbida e ci aiuta a superare indenni le code. Il freno posteriore stupisce rispetto a tanti altri comandi anonimi testati su altre moto. Migliorata anche la gestione del calore, un po’ come avvenuto per la Duke 990.
Difetti? A parte gli spegnimenti, risolti con aggiornamenti, non ho gradito le grafiche della strumentazione, troppo confusionarie e meno leggibili di quelle KTM. Le due modalità di guida, riding mode, non cambiano di tanto il carattere della moto, ma probabilmente trovano utilità solo nelle giornate di pioggia. Stilisticamente trovo il parafango anteriore un po’ troppo presente, avrei preferito magari una soluzione più slim.




Prezzo e considerazioni finali
Un altro possibile difetto: il prezzo. 6680 euro più messa in strada sono una cifra importante, specie per una moto con cilindrata e potenza ridotta, che solitamente non mantiene quotazioni importanti sul mercato dell’usato e una certa longevità nel garage di chi la compra, attratto magari poi da cilindrate più importanti. I ragazzi più giovani, nella maggior parte dei casi, saranno attratti dal look più aggressivo della cugina Duke 390, anch’essa come detto completamente rivista nella forma e nella sostanza. Ma in fondo, il destino e il fascino di queste Husky, è proprio quello di rimanere una cerchia di nicchia di amanti del genere e di rappresentare un’alternativa diversa alle solite moto. Anche se, va detto, la prima generazione è stata piuttosto scopiazzata da altri costruttori.
In conclusione un prodotto più maturo e più completo, pronto a sfidare anche le nuove 400 di Triumph, senza tradire il dna dei marchi (austriaco e svedese) da cui viene sviluppato. E se anche si fosse perso un po’ di carattere estetico, cari nostalgici, bisogna farsene una ragione!